«Quando i figli erano neonati, mi ammazzavo di fatica, ma mi
sentivo bene perché impegnata totalmente nel fare e ancora ignara del
risultato. Se i bambini fossero torte, Viola, questa è la fase in cui le madri
si divertono a impastare e a mescolare gli ingredienti, senza alcuna ricetta
che indichi le giuste percentuali. E un giorno i figli sono grandi, la torta
esce dal forno, e le madri finalmente l’assaggiano. Ne valutano pregi e
difetti. Scoprono che forse avrebbero potuto mettere più zucchero e meno cioccolato,
amalgamare meglio il burro con le uova, ridurre i tempi di cottura. Ma ormai
quello che è fatto è fatto, tornare indietro non si può. [...] E allora alle
madri non basterà tutta la vita per accettare le piccole grandi imperfezioni
della loro torta e per dire ugualmente al mondo, per dire a tutti quelli che
cercheranno di convincerle del contrario, questa torta è buonissima, amo questa
torta in qualunque modo sia venuta, perché è mia, l’ho fatta io, è l’unica
torta che ho, l’unica per cui è valsa la pena di restare qui e respirare.»
tratto da Nicoletta Bortolotti, E qualcosa rimane, Sperling &
Kupfer, Milano 2012, pag. 36.
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