mercoledì 23 ottobre 2013

Di cosa parliamo quando parliamo di cibo



«Quando i figli erano neonati, mi ammazzavo di fatica, ma mi sentivo bene perché impegnata totalmente nel fare e ancora ignara del risultato. Se i bambini fossero torte, Viola, questa è la fase in cui le madri si divertono a impastare e a mescolare gli ingredienti, senza alcuna ricetta che indichi le giuste percentuali. E un giorno i figli sono grandi, la torta esce dal forno, e le madri finalmente l’assaggiano. Ne valutano pregi e difetti. Scoprono che forse avrebbero potuto mettere più zucchero e meno cioccolato, amalgamare meglio il burro con le uova, ridurre i tempi di cottura. Ma ormai quello che è fatto è fatto, tornare indietro non si può. [...] E allora alle madri non basterà tutta la vita per accettare le piccole grandi imperfezioni della loro torta e per dire ugualmente al mondo, per dire a tutti quelli che cercheranno di convincerle del contrario, questa torta è buonissima, amo questa torta in qualunque modo sia venuta, perché è mia, l’ho fatta io, è l’unica torta che ho, l’unica per cui è valsa la pena di restare qui e respirare.»
tratto da Nicoletta Bortolotti, E qualcosa rimane, Sperling & Kupfer, Milano 2012, pag. 36.

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