sabato 16 agosto 2014

Lunga vita all'aglio



Photo Hotblack
Nel nostro immaginario collettivo, l’aglio fa parte di quella schiera di ingredienti che nel tempo hanno goduto di alterne fortune.  Nell’antichità le sue potenti virtù terapeutiche lo rendevano degno addirittura di entrare nelle tombe dei faraoni egizi, mentre nel Medioevo veniva considerato «roba da poveri» perché era facilmente reperibile. Mentre molte spezie arrivavano da quelli che allora erano i confini della Terra, per cogliere l’aglio, i porri o la cipolla bastava infatti andare nel proprio orticello. E se qualcosa è alla portata di tutti, da che mondo è mondo chi ama considerarsi uno dei pochi lo snobberà!
Ma siete sicuri che l’aglio sia così banale? Se volete sfruttare questa bizzarra estate ben poco adatta alla vita da spiaggia per sperimentare la varietà di aglio tipica della zona in cui siete, sappiate che nella nostra penisola si trovano tre tipi di Allium sativum e uno di Allium ursinum:

− bianco, come il Grosso piemontese e i Bianchi piacentino, napoletano, calabrese; è il più diffuso e il più intenso di sapore;
− rosa, come quelli di Agrigento o napoletani; è delicato e deperibile, tanto che in genere si consuma novello;
− rosso, come quelli di Sulmona e di Trapani; è molto piccante e ben conservabile.
− ursino, selvatico, dai bulbilli più allungati e un sapore simile al porro.

Il sapore e gli effetti benefici di questo bulbo derivano da varie componenti, come l’antibiotica garlicina, l’antitumorale ajoene, l’olio essenziale e le mucillagini, ma soprattutto dalla reazione chimica che s’innesca quando entrano in contatto per schiacciamento il solfuro di allile (in altri termini, il composto a base di zolfo che gli dona l’inconfondibile aroma) e l’enzima allinasi. Per questo l’aglio va schiacciato, spremuto o masticato.
Grazie a questo rude trattamento, per millenni il bianco bulbo è stato molto apprezzato per le sue molteplici virtù… anche queste più o meno gettonate secondo il periodo. Per esempio, un tempo era il vermifugo d’eccellenza, e come antibiotico, antisettico ed espettorante risultava utile contro le malattie infettive, dal raffreddore in su, e contro il mal di denti. A noi sembrerà poca cosa, ma centinaia di anni fa una tosse poteva portare alla tomba e un ascesso dentale alla setticemia. Così, forse la leggenda della treccia d’aglio per allontanare i vampiri è nata proprio come metafora del rimedio contro i mali, anzi, il Male, tanto è vero che si pensava proteggesse anche dalla peste nera e persino dal veleno dei serpenti.
Ultimamente, invece, la diffusione delle cosiddette «malattie del benessere» lo hanno particolarmente rivalutato per abbassare la pressione sanguigna − un’interessante meta-analisi a questo link − e i livelli di colesterolo nel sangue, ridurre il rischio trombosi, coadiuvare nel trattamento del diabete nonché come anticancro, antiossidante e potenziatore delle difese immunitarie. E fervono anche gli studi sulla sua azione contro i disturbi erettili (probabilmente grazie allo stesso meccanismo vasodilatatore che fa abbassare la pressione) e sulle virtù dimagranti ed estetiche. Come antisettico contrasta infatti la formazione di foruncoli e altre impurità della pelle, e come antiossidante rallenta la formazione delle rughe.
Se poi volete abbassare la pressione o aggiudicarvi qualche altro effetto benefico ma non vi piace avere un alito e un sudore a dir poco respingenti, provate a eliminare il germoglio verde che sta in mezzo agli spicchi oppure consumarlo sotto forma di tintura madre, infuso, compresse, capsule e simili. Non darà il gusto di un buon piatto di aglio, olio e peperoncino, ma nemmeno vi renderà dipendenti a vita da altre molecole ben poco naturali e con un foglietto illustrativo lungo quanto un’autostrada...

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