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Nel nostro immaginario
collettivo, l’aglio fa parte di quella schiera di ingredienti che nel tempo
hanno goduto di alterne fortune. Nell’antichità le sue potenti virtù
terapeutiche lo rendevano degno addirittura di entrare nelle tombe dei faraoni
egizi, mentre nel Medioevo veniva considerato «roba da poveri» perché era
facilmente reperibile. Mentre molte spezie arrivavano da quelli che allora
erano i confini della Terra, per cogliere l’aglio, i porri o la cipolla bastava
infatti andare nel proprio orticello. E se qualcosa è alla portata di tutti, da
che mondo è mondo chi ama considerarsi uno dei pochi lo snobberà!
Ma siete sicuri che l’aglio sia
così banale? Se volete sfruttare questa bizzarra estate ben poco adatta alla
vita da spiaggia per sperimentare la varietà di aglio tipica della zona in cui
siete, sappiate che nella nostra penisola si trovano tre tipi di Allium sativum e uno di Allium ursinum:
− bianco, come il Grosso
piemontese e i Bianchi piacentino, napoletano, calabrese; è il più diffuso e il
più intenso di sapore;
− rosa, come quelli di Agrigento
o napoletani; è delicato e deperibile, tanto che in genere si consuma novello;
− rosso, come quelli di Sulmona e
di Trapani; è molto piccante e ben conservabile.
− ursino, selvatico, dai bulbilli
più allungati e un sapore simile al porro.
Il sapore e gli effetti benefici di
questo bulbo derivano da varie componenti, come l’antibiotica garlicina, l’antitumorale
ajoene, l’olio essenziale e le mucillagini, ma soprattutto dalla reazione
chimica che s’innesca quando entrano in contatto per schiacciamento il solfuro
di allile (in altri termini, il composto a base di zolfo che gli dona
l’inconfondibile aroma) e l’enzima allinasi. Per questo l’aglio va schiacciato,
spremuto o masticato.
Grazie a questo rude trattamento,
per millenni il bianco bulbo è stato molto apprezzato per le sue molteplici
virtù… anche queste più o meno gettonate secondo il periodo. Per esempio, un
tempo era il vermifugo d’eccellenza, e come antibiotico, antisettico ed
espettorante risultava utile contro le malattie infettive, dal raffreddore in
su, e contro il mal di denti. A noi sembrerà poca cosa, ma centinaia di anni fa
una tosse poteva portare alla tomba e un ascesso dentale alla setticemia. Così,
forse la leggenda della treccia d’aglio per allontanare i vampiri è nata
proprio come metafora del rimedio contro i mali, anzi, il Male, tanto è vero
che si pensava proteggesse anche dalla peste nera e persino dal veleno dei
serpenti.
Ultimamente, invece, la
diffusione delle cosiddette «malattie del benessere» lo hanno particolarmente rivalutato
per abbassare la pressione sanguigna − un’interessante meta-analisi a questo
link − e i livelli di colesterolo nel sangue, ridurre il rischio trombosi,
coadiuvare nel trattamento del diabete nonché come anticancro, antiossidante e potenziatore delle difese immunitarie. E fervono anche gli studi sulla
sua azione contro i disturbi erettili (probabilmente grazie allo stesso
meccanismo vasodilatatore che fa abbassare la pressione) e sulle virtù
dimagranti ed estetiche. Come antisettico contrasta infatti la formazione di
foruncoli e altre impurità della pelle, e come antiossidante rallenta la
formazione delle rughe.
Se poi volete abbassare la
pressione o aggiudicarvi qualche altro effetto benefico ma non vi piace avere un
alito e un sudore a dir poco respingenti, provate a eliminare il germoglio
verde che sta in mezzo agli spicchi oppure consumarlo sotto forma di tintura
madre, infuso, compresse, capsule e simili. Non darà il gusto di un buon piatto
di aglio, olio e peperoncino, ma nemmeno vi renderà dipendenti a vita da altre
molecole ben poco naturali e con un foglietto illustrativo lungo quanto
un’autostrada...