sabato 6 dicembre 2014

Ne ho mangiato solo un pezzettino!



Perché ingrassiamo anche se mangiamo come uccellini? Perché talvolta diciamo di mangiare come uccellini, ma siamo più simili ai condor... Nel suo saggio sulla menzogna quali sono i vari tipi di bugia, perché e quando mentiamo, come interpretare il linguaggio del corpo per capire se l’interlocutore mente lo psicologo Marco Pacori cita un’indagine condotta su oltre tremila donne inglesi. Ne è risultata una media di 474 bugie all’anno su quanto e come le intervistate mangiano. Per entrare più nei dettagli:

...gli alimenti su cui maggiormente mentono sono cioccolato, patatine, torta, vino, birra, formaggio e pane.
Il 41% delle partecipanti aveva mentito per far apparire più salutari le proprie abitudini a tavola e il 68% aveva dichiarato di fare del proprio meglio per mangiare bene, ma di avere ogni tanto qualche «scivolone». Il 63% riteneva che le bugie sul consumo di cibo siano innocenti, e solo il 37% delle intervistate riconosce che mentire riguardo all’alimentazione è un modo di ingannare soprattutto se stesse.

Come, appunto, la gettonatissima: «Ne ho mangiato solo un pezzettino». Ora, è vero che una bugia sulla propria alimentazione non danneggia nessuno tranne noi, ma allora noi non siamo nessuno? E se stabiliamo di voler dimagrire ma poi siamo i primi a sabotarci, davvero stiamo raccontando fandonie innocue?
Mentiamo sulle quantità (anzi, sarebbe meglio dire che talvolta ci autoinganniamo) e mentiamo sulla qualità, nel senso che neghiamo di esserci concessi qualche “trasgressione”. Posto che certe volte un po’ di gratificazione ci serve proprio, sarebbe meglio indirizzarci verso qualcosa che ci gratifichi e non ci faccia lievitare pancia e posteriore. Non è una missione impossibile. Per esempio, mezzo bicchiere di vino rosso tira su l’umore e abbassa il rischio di cardiopatie, il cioccolato fondente (non una tavoletta, non facciamo i furbetti!) è antitumorale, e fanno bene anche tè e caffè. Qualche dato scientifico? Ci torneremo in un altro post.
Brano tratto da Marco Pacori, Il linguaggio della menzogna, Sperling & Kupfer, Milano 2012, pag. 15

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