Come hanno fatto gli organizzatori della mostra Food a
superare un ostacolo enorme come il fatto di parlare di cibo senza farlo
assaggiare? Lo hanno fatto annusare.
Disseminati nelle quattro sale dedicate all’esposizione nel
Museo di Storia naturale di Milano ci sono infatti olfattori che permettono di
distinguere la differenza, per esempio, tra la clementina, il mandarino e le
arance, oppure tra il limone, il lime e il cedro. Si possono annusare il caffè tostato
e il cioccolato mentre si tempera. E ci si può mettere alla prova con gli aromi
anonimi dell’ultima sezione, quella dedicata proprio alla multisensorialità.
Qui troviamo l’interattivo Twist dei sapori, in cui si devono indovinare le due principali
componenti di cibi e bevande talmente comuni sulle nostre tavole che non stiamo
più a domandarci di cosa sappiano veramente. Ma chi sa dire quali sono i
principali sapori del caffè o del broccolo, per esempio? E dove sentiamo il
misterioso umami?
Poggiando su questa base sensoriale si diramano e s’intrecciano
le considerazioni scientifiche, economiche e culturali che danno carattere alla
mostra. Per esempio, seguendo le vie dei cibi scopriamo da dove provengono l’asparago
o la melanzana, ma anche come quelli che oggi consideriamo pilastri della nostra
tradizione siano in realtà arrivati da terre lontane, come il pomodoro. Che in
origine non era nemmeno rosso come ora ma, appunto, d’oro.
Che cos’è, dunque, quella «tradizione» che molti considerano
un dogma? Ripercorrendo la lunga storia dei cereali, da quelli dei nostri
antenati agli ibridi attuali, arriviamo all’attacco futurista contro la
pastasciutta come "vivanda passatista". Attacco che aveva dietro le quinte la politica nazionalista di incrementare
la produzione dell’italico riso contro il grano d’importazione. E fa riflettere
pure la millenaria epopea delle patate, con tanto di dati statistici sul loro
consumo per quantificare il boom attuale. Un boom che non ha motivazioni stringenti
come le guerre e le carestie dei secoli scorsi.
Quanto di tradizionale e quanto di evoluzionistico (in senso
scientifico e culturale) mettiamo dunque in bocca? Contro ogni semplificazione,
domandiamoci il perché di certe mode alimentari pilotate da interessi
lontani dalla nostra salute. E come ci spinge a fare anche la bibliografia della mostra pubblicata sul sito, riflettiamo sul fatto che mangiare è una
faccenda complessa. Per quanto il filmato con i bambini che assaggiano ci
dimostra che tutto parte comunque da lì, dal mettere qualcosa sulla lingua...
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