venerdì 2 gennaio 2015

"Food" a Milano



Come hanno fatto gli organizzatori della mostra Food a superare un ostacolo enorme come il fatto di parlare di cibo senza farlo assaggiare? Lo hanno fatto annusare.
Disseminati nelle quattro sale dedicate all’esposizione nel Museo di Storia naturale di Milano ci sono infatti olfattori che permettono di distinguere la differenza, per esempio, tra la clementina, il mandarino e le arance, oppure tra il limone, il lime e il cedro. Si possono annusare il caffè tostato e il cioccolato mentre si tempera. E ci si può mettere alla prova con gli aromi anonimi dell’ultima sezione, quella dedicata proprio alla multisensorialità.
Qui troviamo l’interattivo Twist dei sapori, in cui si devono indovinare le due principali componenti di cibi e bevande talmente comuni sulle nostre tavole che non stiamo più a domandarci di cosa sappiano veramente. Ma chi sa dire quali sono i principali sapori del caffè o del broccolo, per esempio? E dove sentiamo il misterioso umami?
Poggiando su questa base sensoriale si diramano e s’intrecciano le considerazioni scientifiche, economiche e culturali che danno carattere alla mostra. Per esempio, seguendo le vie dei cibi scopriamo da dove provengono l’asparago o la melanzana, ma anche come quelli che oggi consideriamo pilastri della nostra tradizione siano in realtà arrivati da terre lontane, come il pomodoro. Che in origine non era nemmeno rosso come ora ma, appunto, d’oro.
Che cos’è, dunque, quella «tradizione» che molti considerano un dogma? Ripercorrendo la lunga storia dei cereali, da quelli dei nostri antenati agli ibridi attuali, arriviamo all’attacco futurista contro la pastasciutta come "vivanda passatista". Attacco che aveva dietro le quinte la politica nazionalista di incrementare la produzione dell’italico riso contro il grano d’importazione. E fa riflettere pure la millenaria epopea delle patate, con tanto di dati statistici sul loro consumo per quantificare il boom attuale. Un boom che non ha motivazioni stringenti come le guerre e le carestie dei secoli scorsi.
Quanto di tradizionale e quanto di evoluzionistico (in senso scientifico e culturale) mettiamo dunque in bocca? Contro ogni semplificazione, domandiamoci il perché di certe mode alimentari pilotate da interessi  lontani dalla nostra salute. E come ci spinge a fare anche la bibliografia della mostra pubblicata sul sito, riflettiamo sul fatto che mangiare è una faccenda complessa. Per quanto il filmato con i bambini che assaggiano ci dimostra che tutto parte comunque da lì, dal mettere qualcosa sulla lingua...

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