lunedì 27 ottobre 2014

Ecologico furoshiki



Girando per il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano si arriva a un'area dedicata al packaging. Qui si vede un esempio di furoshiki, un telo quadrato che in Giappone viene piegato e legato in vari modi per trasportare cibo, bottiglie, regali e oggetti vari.
Spinti dalla curiosità, appena tornati a casa iniziamo a navigare in cerca di modi per costruire questi involucri che non cedano al primo peso e ci permettano di portare la torta salata a cena dagli amici anziché utilizzarla per tappezzare il marciapiede. Nessun problema: ci sono tanti siti e tutorial per imparare a piegare, avvolgere e annodare questi simpatici fazzolettoni colorati.
Ma il furoshiki è ben più di un incarto simpatico. Ci fa riflettere sull’abitudine di trasportare il cibo in una borsa di tela anziché nelle sporte usa e getta che, per quanto ecologiche, vanno trattate nei rifiuti. E ci fa riflettere, nella sua elegante semplicità, su tanti imballi inutili che ci portiamo a casa dalla spesa, come i tubetti sigillati messi dentro una scatoletta di cartone. Provate a pensarci: quando tirate fuori la spesa dalle borse, quanta roba finisce subito nella spazzatura? 
L’abbiamo pagata, ce la siamo portata a casa, l’abbiamo studiata per capire se vada differenziata (e qui certe volte occorrerebbe uno scienziato) e pagheremo per smaltirla. Ne vale la pena?
Forse dovremmo insegnare anche all’industria l’arte del furoshiki.

La polenta rivoluzionaria di Goldoni



In questi primi freddi, non vedete già levarsi il vapore dal tagliere di polenta?
Come si fa la polenta ce lo spiega Rosaura, la «donna di garbo» che dà il titolo alla prima commedia che Carlo Goldoni ha completamente scritto: e questa è la prima rivoluzione veicolata da quest’opera. Una rivoluzione teatrale, visto che in precedenza i comici dell’arte ricevevano un canovaccio su cui costruire le loro improvvisazioni.

…bel bello accenderemo il fuoco, empiremo una bellissima caldaia d’acqua, e la porremo sopra le fiamme. Quando l’acqua comincierà a mormorare, io prenderò di quell’ingrediente, in polvere bellissima come l’oro, chiamata farina gialla; e a poco a poco anderò fondendola nella caldaia, nella quale tu con una sapientissima verga andrai facendo dei circoli e delle linee. Quando la materia sarà condensata, la leveremo dal fuoco, e tutti due di concerto, con un cucchiaio per uno, la faremo passare dalla caldaia ad un piatto.

Nella stessa pièce c’è anche un’altra rivoluzione: la protagonista è una donna colta, per quanto non certo ricca. Ora, se già a quei tempi viene guardata con sospetto la nobile fanciulla troppo istruita − non si usa certo aprire scuole e università alle ragazze − figurarsi quanto possa far arricciare il naso una cameriera che disserti di fisica. Ma Goldoni respinge tutte le critiche, e nell’Introduzione alla commedia scrive:

…se è difficile che si dia una Femmina dotta, cresce la difficoltà, essendo la mia Donna di Garbo una povera figlia di una miserabile lavandaia. Ma io replicherei francamente che gl’intelletti non si misurano dalla nascita, né dal sangue, e che anche una Femmina abbietta e vile, la quale abbia il comodo di studiare ed il talento disposto ad apprendere, può erudirsi, può farsi dotta, può diventare una Dottoressa.

Niente male, per essere il 1743. Be', magari a parte definire le donne "femmine" e condirle di "abbiette e vili"...
E niente male nemmeno la filosofia goldoniana, ovvero l’unione di testa e cuore, piaceri intellettuali e passioni terrene. Quindi leggiamo di polenta e portiamola in tavola: la sua semisfera giallo sole, calda e fumante, sarà un ottimo antidoto a questa stagione umida e grigia. Ed è un antidoto alla barbarie ricordare che cucinare non è un’attività bassa, semmai rientra nel campo della cultura nelle sue varie declinazioni. In questo caso, una declinazione piacevolissima!
Brani tratto da Carlo Goldoni, La donna di garbo, Introduzione e atto I scena 9